Questa mattina, durante una pausa studio, ho letto dal cellulare un articolo della mia cara blogger Eleonora.
"Se dovessi svegliarti e pensare di avere 15 anni, avendo dimenticato tutto il tempo che ti separa da essi"...
Nella mia mente sono stati rievocati i miei 15 anni, la mia classe, i miei problemi di salute, le mie amicizie sbagliate, le mie cotte, che lo erano ancora di più...
E un particolare ricordato mi ha fatto riflettere e poi scrivere questo post.
La maggior parte di noi, anche qualche ragazzo, in barba al loro ritenere tali cose pseudo-romantico-femminili (cosa che secondo me non è vera), aveva nel diario, tra le pagine, foto che ci ritraevano da bambini.
Certo, il narcisista aveva quelle dove era venuto meglio, lo sportivo quelle dove nuotava sin da bambino, quello autoironico le foto che rispecchiavano ciò che era diventato, come nel ricercare in quel momento il perchè del suo essere.
E allora mi sono chiesta: essendo l'adolescenza un'età di passaggio, tutte quelle foto erano forse un voler cercare di restare ancorati al bambino che avevamo dentro? A quello che doveva fare un passetto indietro, pur rimanendo a farci compagnia qualche volta, per lasciar spazio alla persona adulta che stavamo diventando?
Oppure era un modo per fermare i ricordi, per far sì che la nostra infanzia rimanesse sempre impressa nella nostra mente. Per fare in modo che nulla la portasse via da noi, consapevoli di dover crescere.
Pensando che la maturità avesse sbiadito i ricordi, li fermavamo nelle pagine del diario che ci avrebbe accompagnato per nove lunghi mesi?
Avevamo paura di crescere e dimenticare? O avevamo paura di crescere e basta?
Restare sempre bambini o acquistare la consapevolezza di dover crescere, imparare a voler "diventare grandi" senza lasciare indietro nulla?
Non so, in realtà, cosa balenasse nella testa di quegli adolescenti, come allora non sapevo cosa balenasse nella mia.
Oggi l'ho scoperto, ricordando che la prima volta che ho inserito una foto nel mio diario ero nella mia vecchia casa, nel mio vecchio paese, nel quale mi avevano trascinato con forza (se non fosse stato per il mio peso mi avrebbero dovuta prendere in braccio e mettere in macchina) una grigia e buia sera di quasi metà ottobre di quasi tredici anni fa.
Sì, ottobre è il mese che preferisco (seguito da aprile, maggio e settembre), sarà perchè ci sono nata, sarà perchè è tiepido, fresco, inizia davvero l'autunno, non so, è il mio mese, insomma. Ma nella mia mente quella sera era buia, fredda, grigia, gelida.
Lasciavo il mio mare, la mia casa piano terra con giardino dove giocare, i miei amici, la mia bella scuola, il mio caldo ed accogliente ambiente, (per la cronaca, le lacrime mi pungono gli occhi, ancora oggi) i miei amici, le mie abitudini, il mio sole che rende meno rigidi gli inverni e che al contempo, complice le nuvole tipiche della stagione, li rende ancora più romantici e belli.
Lasciavo tutto questo per cosa? Ora ciò che mi viene in mente scriverò, a mò di elenco, purtroppo qui non riesco ad aver trasporto: nebbia (da notare, la prima cosa che mi viene in mente), una casa rivestita in marmo, elegante, dai particolari ricercati( tanto bella quanto fredda, anche se a dire la verità, il marmo è davvero bello) ma alta, alta, alta, fuori non la sto a descrivere, basta dire che dal mio salotto non uscivo più in giardino, dove d'inverno, nel silenzio della bassa stagione turistica, sentivi il mare in tempesta, ma vedevo solo le montagne, grosse, marroni,austere, antipatiche. Attorno a me avevo solo tanti stivali, o, per chi preferisce, tanti parenti. Dove non c'erano stivali c'erano serpenti, laddove serpente sta per conoscente.
Il mattino dopo mi portarono a scuola, Dio me ne scampi e liberi [non mi liberò Dio, ma il tempo, 3 anni dopo, una bellissima mattina di giugno, il sole splendeva forte, alto, vigoroso, ad illuminare la giornata che pose fine al mio percorso nella scuola media del paese]
I bambini della classe che avevo lasciato non sapevano chi fossi, chi fossero i miei genitori, in che zona abitassi, nessuno lo sapeva di nessuno, eravamo stati tutti cresciuti così. Ed era bello.
Lì no, non sapevano il mio nome, ma tutto il resto che mi riguardasse sì, l' invidia era tanta, la cattiveria pure, non capivo perchè, lo capii molto tempo dopo, anni dopo, cosa che mi portò ad essere con loro ciò che in realtà non ero, ma che meritavano e meritano ancora.
Non tutti, ma molti. Per cui doso il mio essere, perchè se mi avete trattata come avete fatto allora subitene le conseguenze, sempre che qualcosa vi importi, perchè io l'ho sempre fatto nella mia vita.
Ho subito loro, i loro modi "retrò", massì un pò di indulgenza, il loro verde invidia, la tristezza che ho oggi nel pensare a quei ragazzini di appena 11 anni tenere certi comportamenti, provare sentimenti che male si addicono a quell'età, ancora innocente e gioiosa, oltre che "giocosa".
Ecco, mi rendo conto, dopo la descrizione forse troppo lunga, ma renderà sicuramente bene, che se quello è stato il momento in cui ho sentito il bisogno di inserire una foto, un ricordo all'interno delle pagine che mi facevano compagnia quando tutto intorno era grigio, non era certo paura di crescere, una noluntas (non volontà) di farlo, ma solo un voler portare dietro, tenere accanto quei caldi momenti che mi aiutavano ad andare avanti, a pensare che tutto sarebbe passato, che prima o poi quelle emozioni e quell'amore, quel calore, sarebbero tornati.
Certo, magari sotto altra forma.
E sono arrivati.
Forse qualcuno ha capito che meritavo un risarcimento danni (perdonatemi, sto studiando queste robette). Forse semplicemente l'eccezione conferma la regola.
Forse semplicemente "c'era sempre stato" (su questo non c'è dubbio) ed era "solo da incontrare".
Fatto sta che un bel giorno, o meglio una bella sera, l'unico abitante di quel paese (anche se poi ho potuto aver modo di capire che è proprio la zona) che è il contrario di tutti loro messi insieme, me lo son ritrovato nella sala della mia casa marmorea, poggiato sul tavolo (dal piano di marmo, ovvio!) che, perdonatemi, mi rivolgeva il suo lato B. Nel voltarsi ho appreso quanto Madre Natura fosse stata generosa con lui, regalandogli quegli occhi, concedendogli quelle labbra e donandogli la voce che mai mi stanco di sentire e di ascoltare [Naturalmente senza dimenticare la prima visione che ho avuto di lui ^-^].
Da allora le cose sono cambiate, ho iniziato ad affacciarmi guardando in basso, senza concentrarmi sulle montagne, così come sono cambiate le foto nel mio diario, divenuto poi "agenda".
Alcune foto della mia infanzia ci sono ancora, per ricordarmi quanto amore ho avuto, quanto bene sia stata, per ricordarmi che tutto ha una fine, anche i momenti bui, brutti, gelidi e nebbiosi (l'hanno avuta per fortuna!!!).
Sono lì per ricordarmi i valori con cui sono stata cresciuta, che sono ben diversi da quelli che qualcuno ha provato ad inculcarmi, che oggi ripago solo con tanta, tanta, tanta indifferenza.
Sono lì per ricordarmi che la mia famiglia c'è stata sempre, anche quando mi ha trascinato via da uno dei posti che più amo al mondo per portarmi in uno che, viceversa, mi ha fatto molto, molto male [a riprova la mia salute da qualche giorno dopo che ero lì precipitò e iniziai a palesare problemi, che il calore di una città di mare riuscivano a tenere a bada].
Sono lì per ricordarmi che anche lì, qualcuno al piano di sotto mi ha datto tanto affetto, tanto amore, mi ha regalato tratti del mio carattere che mi contraddistinguono, ne porto il nome, i pregi e i difetti, mixati ben bene con quelli della mia mamma [risultato: a causa della mia salute la mia ambizione talvolta è frenata, chè altrimenti...], caparbia, testarda, temeraria, chiacchierona (oratrice, spero un giorno, sarebbe l'evoluzione perfetta di chi è stato ed oggi non c'è più, di chi mi è accanto ogni giorno ed ha sacrificato carriera, lavoro e sogni per me).
Quelle foto, che oggi guardo con nostalgia e dolcezza (complice il trasferimento in un posto che adoro, con un grande giardino, un cagnolone che non vede l'ora che torno a casa e un centro che offre praticamente tutto a un paio di chilomentri da me) sono affiancate dalle nostre foto, dolci e spensierate, piene di amore e di voglia di futuro, di andare avanti insieme
Non si sa come, ma lo faremo, perchè le belle storie e i bei amori non li fanno solo i luoghi e i moni, ma anche e soprattutto l'amore e la volontà, quello che pochi comprendono e che noi ben sappiamo, andare avanti anche con la distanza a separare.
Ah, perchè l'unico problema sono ancora loro, sempre e solo loro, coloro che purtroppo hanno una mente chiusa, ristretta, e lasciatemelo dire, molto, molto, molto gretta e prepotente.
Amen.
Pocepollina
Note:
Non rileggo il post, non fa parte della mia natura. il titolo a questo punto non rispetta più il contenuto e lo cambierò con il primo che mi viene in mente!
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